Lo sfratto gli arrivò improvviso, mica lo avvertirono.
Lo spostarono nella stalla dei conigli. Napoleone ci rimase un po’ male, non ne faceva una questione d’orgoglio, ma proprio non ci stava dentro fisicamente, tanto era stretta la nuova stalla.
Non era un asino che faceva storie (ne aveva passate tante nella sua vita), perciò si adattò, anche se non ci fu altra soluzione che stare con il corpo nella stalla e la testa fuori dal finestrino.
In fin dei conti non gli andò tanto male, perché il finestrino guardava sul mare e si vedeva perfino la Corsica.
Andò peggio ai conigli. Quelli finirono tutti attaccati al fico, scuoiati e squartati.
La sua prima stalla, quella era veramente degna di un asino come lui, ora si che se ne rendeva conto; ma era ormai un lontano ricordo . Era stata ristrutturata e trasformata in una brutta camera per turisti che poi, se ne resero conto anche loro, che si trattava di una ex stalla!
Così finirono, in quel periodo, tanti suoi colleghi! Chi fu venduto al mercato, chi finì addirittura al macello.
I turisti, allora, incalzavano. Le vigne lungo la valle si riducevano sempre più. Gli asini pieni di mosche e maleodoranti, apparivano sempre più inutili ed ingombranti.
Una sera, al tramonto, “Napoleone” si trovò a riflettere, con tanta tristezza, sul suo passato.
“Addio, vendemmie briose, quando m’incontravo con i colleghi per i viottoli sassosi della valle carico d’uva, che mi spezzava la schiena, specie in discesa, ma almeno ci si incontrava.”
“Addio, risate festose di bimbi ,al tempo delle “immostature”!”
Ripensava alla stagione delle castagne“. Che verde. Che aria! ”E le gite ogni domenica mattina per fare la spesa al paese con il padrone! Stare legato in un campo fiorito nel mese di maggio? “Addio per sempre”!
Ora era obbligato a stare lì inchiodato sulle quattro zampe, in una stalla che non lo conteneva per intero, con la testa fuori del finestrino. Ogni tanto per dimostrare il suo disappunto, scuoteva la testa con le sue grandi orecchie rumorose, ma la gente che passava di la, pensava che lo facesse per scacciarsi le mosche. “Così è la gente!”
“Napoleone” era però benvoluto da tutti i ragazzi di Pomonte, tanto è vero che andavano, o si facevano accompagnare dai genitori, a portargli del pane secco o altre leccornie sotto al finestrino.
“Napoleone” accettava di buon grado i doni, ma, in fondo, ciò che gradiva di più era la dimostrazione d’affetto.
Negli ultimi anni della sua vita “Napoleone”, al tramonto, guardava sempre più spesso verso la Corsica, perché qualcuno gli aveva detto che su quell’isola, branchi di asini selvaggi correvano liberi. Lui ci credeva, perché era vero, e non una bugia d’asino.
I ragazzi di quell’epoca, costretti ad emigrare per i fatti della vita, ritornando, dopo svariati anni, a Pomonte, chiedevano notizie dell’asino ai loro compagni che erano rimasti. Questi rispondevano che “Napoleone” era morto sognando di partire anche lui un giorno’’, per una terra dove gli asini corrono liberi.